martedì 6 gennaio 2009

*l'amore senza baci è come il thè senza zucchero*

Ricordo un giorno. Saranno stati quattro o cinque anni fa. Il mio paese ero pieno di neve. C'era talmente tanta neve che mancava la corrente elettrica. Ricordo che passai il pomeriggio da Rosanna. A giocare a carte, anche con il fratello sotto la luce di una candela. E quella sera andai a letto prestissimo. Stare a letto sotto le coperte era l'unico modo per stare al caldo. Stasera mi sento come mi sentivo quella sera. Eppure la corrente elettrica ci sta. La neve non c'è. Mia madre mi ha sbattuto il telefono in faccia. Stasera voleva avere ragione lei. A tutti i costi pare.
Domani torno a casa. Vorrei che il mondo terminasse stasera. Ho un paio di questioni difficili da affrontare e...so pure di avere ragione in entrambe le situazioni. Eppure ho l'ansia. Quel posto mi mette l'ansia. L'eco di porte sbattute. Di calci. Di urla. Di sussurri. A volte inutili.
Oggi pomeriggio mi sono ritrovata in un nascosto bar di San Lorenzo. Ero una delle poche ad avere la pelle bianca là in mezzo. Appena sono entrata mi è quasi sembrato possibile toccare quella linea di diffidenza che mi divideva dagli altri. Poi...hanno cominciato tutti a sorridermi. E il padre di Agin davanti ad una Peroni ha cominciato a parlarmi del significato del nome del figlio nella loro lingua.
Un parchetto buio. Io, Agin e suo padre. Il padre ha cominciato a intonare una bellissima canzone africana. Ed io muovevo la testa sotto i colpi di quel ritmo deciso ma dolce.
*l'amore senza baci è come il thè senza zucchero*
ogni tanto mi ripeteva in un italiano non perfetto.
Mi sento come quella sera di quattro o cinque anni fa. Mi sembra che in questo momento mettermi a dormire sia l'unica soluzione per sfuggire a questa strana aria di malessere che sento scorrermi dentro. Cerco di alzare il volume per stonarmi ma non funziona. Oramai niente più mi stona come vorrei. E' da un paio di settimane poi, che ho la fobia di rimanere da sola. Se rimango sola sto male. E allora comincio a camminare. E dove c'è una folla ci sono io. Termini. Ieri piazza Venezia e dintorni. Ho bisogno di vedere gente che si muove. Che ride. Gente vestita bene. Gente che mangia affannosamente rigurgitandosi nel ristorante più costoso di quell angolo. Ho bisogno di non pensare al peggio.
Stasera nel baretto stavo seduta a sorseggiare la mia birra. Agin e il padre si erano allontanati. Mi guardavo intorno. Al bancone due uomini. Uno, vestito con abiti sbiaditi e poveri. Non sono riuscita a guardargli il volto. L'altro, beveva intrugli pesanti, brutta faccia, brutti movimenti. Ballava una orrida musica, in un orrido modo. E prendeva in giro il suo vicino. Che rimaneva passivo. Fermo. L'altro gli si avvicinava da scemo con la bocca, e il barista rideva. Stavano prendendo in giro l'uomo dai vestiti sbiaditi. I tre si conoscevano sicuramente. Eppure quello rimaneva fermo. Alla fine? Alla fine il mio uomo impassibile ha sussurrato:"oggi è morto mio padre". Ho bevuto un sorso di birra. Ho rialzato gli occhi. E quella brutta persona dopo aver detto un falso "mi dispiace" ha continuato a fare lo scemo. Non so neppure perchè l'abbia raccontato.
Forse perchè anche a me ogni tanto manca mio padre. E quell'uomo dai vestiti sbiaditi mi ha ricordato quanto sia difficile non averlo più. E doverlo spiegare agli altri. Per me dover dire che mio padre è morto vuol dire mostrarmi vulnerabile. E' come mostrare agli altri un tasso di protezione minore. Non lo dico mai. E perchè ora? Perchè è tempo di crescere. Qualche giorno fa scrivevo che la mia filosofia di vita fa buchi dappertutto. Appunto, cambio filosofia. Ho deciso di mostrarmi. Il mio bozzolo è diventato un pò stretto. Ho deciso che non voglio più gente intorno che dice di proteggermi. Voglio sentire i colpi sulla mia pelle. Sono stanca di percepire. Voglio sentire. Sono stanca di immaginare, voglio vedere.

1 commento:

  1. Good morning, good blog.
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