venerdì 5 marzo 2010

26 Febbraio ...puntini...puntini

Febbraio. Mese troppo corto. Sono riuscita a ingoiarlo tutto d’un boccone. Febbraio succoso.


Il tuo fegato è andato.
Dove?



Berlindo mi spiega come devo fare. Con FNM. Ha una zia scappata da Sora a 14 anni alla volta di New York per un concerto dei Pink Floyd. Zia giornalista che conosce tutta la gente che serve conoscere.

Ci rifletto. E penso che abbia ragione. Quando Berlindo si slaccia la cravatta, per la cronaca, mi fa ancora un certo effetto. Ma solo perché sono molto suscettibile. Sono veramente felice di averlo come amico. So che se sto davvero nella merda lui non si tirerebbe indietro. E la cosa più bella è che crede in me in una maniera che… bò. Non ho mai avuto nessuno che credesse davvero in me. Anche mia madre ha smesso. E Berlindo continua a dirmi di studiare, di scrivere, di scrivere e di credere in quello che voglio fare. E’ uno dei pochi che giornalmente legge la mia rassegna stampa. Come fai a non volergli bene?


Mi guardo intorno e mi rendo conto che la gente non è felice. Chi per un cazzo, chi per un altro.



Fulvia mi fa pensare in una maniera esagerata. Mi chiedo come cazzo faccio a farmi mettere ancora i piedi in testa. È in assoluto più infelice di me. Ha solo saputo costruirsi un proficuo matrimonio, tre figli e un lavoro che la fa sentire importante. Quanti mesi c’ho messo per descriverla chiaramente e brevemente? Troppi. La famosa storia dello scrivere e sancire, definire. A Fulvia voglio bene. E lei me ne vuole ma…



Io non riesco a tenere tra le mani gli oggetti. Sono imbranata nell’abbracciare la gente. Non so mai quale sia il momento giusto, cosa sia giusto dire e cosa no… mi stupisco e non so gestire rapporti troppo stretti e le dimostrazioni d’affetto. Finisco sempre per ferire le persone. Sono poco sensibile, forse. Preferisco che la gente non mi spalanchi tutto quel suo cuore in faccia. A volte pungo. Spesso mordo.
...


Alle quattro Francesca D.G. è arrivata sparata nel nostro ufficio con una bottiglia di Champagne. “Beviamo?”
Mi sono ritrovata a bere Champagne alle quattro di pomeriggio con Francesca, Sabrina, Stefania, Lorella, Arianna e Fulvia. Persone così diverse. Da cosa? Da chi? Perché?



E Giancarlo mi sveglia nel cuore della notte. Gli rifiuto la chiamata. Mi lascia (l’ormai consueto) messaggio in segreteria. Voce rauca, alcolica, stanca e cattiva e triste. Mi ricordo che sono figlia unica. E che lo sono sempre stata. Nessun fratello. Sorella di nessuno.

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